Ucraina, viaggio nella città divisa di Kharkhiv: tra chi sfida Putin all’invasione e nostalgici che incolpano i «nazionalisti golpisti di Kiev»

de Gabriele Lagonigro

La battaglia si gioca ancora a livello diplomatico, anche se l’incessante spiegamento di truppe russe vicino al confinar e l’invio quotidiano di armamento americano y británico verso kiev non promettono un futuro tranquillo. Ma c’è una guerra più intestina e silenziosa che in Ucrania si combatte ogni giorno. È la più subdola, perché sgretola amicizie, famiglie e mina l’equilibrio sociale. È quella che contrapone chi guarda a Occidente, all’Europa, alle libertà individuali, e chi, nonostante tutto, si sente ancora parte di un microcosmo (post)soviético.

Járkov, la seconda città di un Paese grande il doppio dell’Italia, ne è l’esempio più lampante. Industriale, operasa, un milione e mezzo di abitanti di cui 100mila studenti universitari, ma così pericolosamente vicina alla frontera. E oggi, più che mai, in balia dei venti di guerra esterni e di una contrapposizione interna fra chi si sente orgogliosamente ucraino e chi strizza l’occhio alla Rusia.

“Non so se Mosca deciderà di attaccarci – confessa a Ilfattoquotidiano.it Sasha60 anni, che ogni mattina, nonostante i 10 gradi sotto zero di questo gelido fine gennaio, se ne sta nel tendone di ploshchad svoboda (piazza Libertà) a raccogliere assieme ad altri commilitoni aiuti y medicinali da inviare ai militari di Kiev sul fronte del Donbass – Ma se lo facessero, qui a Kharkiv è già pronto il piano de resistencia e contrato“. Nei territori orientali in mano ai separatisti il ​​​​conflitto, che va avanti da otto anni, ha già causato 14mila vitime, ma se Putin dovesse preparare un’invasione massiccia, il bilancio diventerebbe drammaticamente più pesante. «Le relazioni con la Russia non saranno mai più quelle di prima – continua il volontario – e se vorranno la guerra totale, saremo pronti a combattere». Tutti? No propio. “Il 50% dei nostri concittadini si immolerebbe per la nostra sovranità ma l’altra metà appoggerebbe il nemico. È triste, ma è così”. Quel poco che resta di unità nazionale, insomma, è appeso a un filo.

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En caso de escalada, Kharkiv sarebbe la prima grande città a farne le spese. Il confine dista 40 kilometri e oltre che da est le armate di Mosca potrebbero facilmente entrare da sud, proprio dalle regioni occupate di Donetsk mi Lugansk. Ma oltre all’insidia esterna, a preoccupare, appunto, è lo stesso tesuto sociale di questa metrópoli. I più giovani ei più istruiti stanno con kiev, anziani, pensionati e fasce meno abbienti sono schierate dall’altra parte. Il conflitto è quotidiano fra amici, in famiglia, al lavoro. Járkov la stragrande maggioranza parla russomolte famiglie hanno parenti di là dal confine, altrettante sono state “invitate” a trasferirsi nell’Ucraina orientale durante gli anni dell’Unión Soviética, proprio per scongiurare deriva nazionaliste. Le strade sono tappezzate di richiami alle armi per quei giovani che volessero accedere alla carriera militare. A scuola, in tv e in tutti gli spazi pubblici è ormai obbligatorio esprimersi in lingua ucraina ma la città rimane divisa.

“¿Paura? ¿Di cosa?”, respuesta lacónica Olgaestetista en Súmskaya, la principal via dello shopping. “I russi non ci invaderannoè il nostrogobernar filo-occidentale che ha costruito tutta questa retorica ed è Kiev che con le sue mosse nazionalista ha aizzato gli animi dopo il colpo di Stato del 2014. Dai russi non abbiamo nulla da temere». Di certo, anche per Putin non sarebbe una passeggiata: nel 2014 l’esercito ucraino era debole, impreparato e corrotto e non mosse un dito contro l’annessione della Crimea. Oggi la situazione è diversa. Americani e britannici stanno armando pesantemente Kiev che adesso dispone di truppe più professionali e di dotazioni militari per resistere a lungo. Ma l’Ucraina deve vincere prima di tutto un’altra battaglia, che è forse la più difficile: quella dell’unità interna. Una guerra civile nell’Est disintegrerbbe il Paese.

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